Operai della Piaggio & C. in sella alla Vespa davanti all'ingresso dello stabilimento a Pontedera (negativo - singola foto), Publifoto; (18 gennaio 1949)
https://dati-asisp.intesasanpaolo.com/lod/resource/PhotographicHeritage/IT-PF-FT001-012298 <https://w3id.org/arco/ontology/arco/PhotographicHeritage>
La foto ritrae l'uscita dallo stabilimento di Pontedera di alcuni modelli di Vespa. Son in undici, come una squadra di calcio. È il 18 gennaio 1949. Il primo modello di Vespa Piaggio aveva un motore a due tempi con 98 centimetri cubici di cilindrata, su progetto dell'ingegnere aeronautico Corradino D'Ascanio. Montava un cambio a tre marce e si metteva in moto con un volano magnete. Poteva "sfrecciare" fino a 60 chilometri orari e superare pendenze che raggiungessero il 20 %. Nel primo anno di commercializzazione (1946) la Vespa Piaggio raggiunse i 2.484 esemplari venduti. Oltre 10 mila nel 1947 e nel 1948 poco meno di ventimila. Negli anni 50 si arriva a superare anche quota 171 mila mezzi venduti. L'Italia cominciava a muoversi su due ruote ben prima dell'avvento della Fiat 600 (1956). «Come farà a reggere due persone con quel vitino da vespa?». Sembra siano state queste parole, pronunciate da Enrico Piaggio (presidente dell'azienda di famiglia) a dare il nome allo scooter.
Grande rivale della Vespa era la Lambretta, il cui primo esemplare esce nel 1948. Ambedue sono stati il simbolo della motorizzazione di massa e della volontà di rinascita di un popolo, uscito da uno dei periodi più bui e tragici della storia, la Seconda guerra mondiale. La Vespa e la Lambretta sono "fenomeni" dell'industria italiana che non hanno eguali al mondo nel settore dei veicoli a due ruote. La prima rappresenta una delle intuizioni ingegneristiche più geniali della storia; la seconda è il frutto dell'inarrestabile spirito imprenditoriale di Ferdinando Innocenti. Il telaio della Vespa e della Lambretta aveva una conformazione a piattaforma sulla quale il guidatore poteva appoggiare i piedi stando comodamente seduto sulla sella, a differenza di quello delle motociclette che richiede una posizione "a cavalcioni" (il telaio consentiva infatti a chiunque, anche a «donne e preti», dirà d'Ascanio, di sedersi facilmente e con qualsiasi abbigliamento).
Ben presto l'Italia si divide in vespisti e lambrettisti. Tradizione vuole che i vespisti siano prevalentemente scooteristi di città, e romani, mentre invece i lambrettisti siano scooteristi di campagna, e milanesi; del resto, il nome Lambretta deriva da Lambrate, da Lambro e si pronuncia con la «è» aperta, molto ariosa tipo fabbrichètta (nonostante il diminutivo in -etta). In Italia la Vespa è sopravvissuta, la Lambretta no (nel '72 la compagnia indiana Sil Scooters of India Limited, ha acquistato il marchio Lambretta, ancora oggi di sua proprietà, e la relativa catena di montaggio, continuandone la fabbricazione fino al 1997).
Edmondo Berselli nel suo «Adulti con riserva» (Mondadori) sostiene che il fascino della Vespa sta nella sua femminilità: era l'unico mezzo che potesse indurre le ragazze al rito della camporella. A dispetto del nome, invece, la Lambretta era più maschile: «Lambrettisti, pochi. Silenziosi, gente utilitarista, che badava al sodo senza fisime estetiche».
Nel ricostruire la storia d'Italia degli ultimi anni non si può non tener conto di quelle varie e complesse forme linguistiche che agiscono all'interno della società come discorsi. In questo avvincente quadro anche la moto e l'auto svolgono un compito fondamentale: la moto o l'auto «parla» di sé ma «parla» soprattutto del suo possessore. È da questo singolare intreccio che prendono forma le discussioni sul concetto di identità: la tv, l'auto, il cinema, l'architettura, la moda, la canzone sono strumenti o oggetti ma sono anche formidabili «luoghi della memoria», strumenti di aggregazione, forme di rappresentazione.
Come nell'Ottocento il treno aveva rivoluzionato la società, permettendo di coprire lunghe distanze in tempi relativamente brevi, così la "mobilità su due o quattro ruote" ha contribuito ad aumentare la velocità della vita sociale, rendendo più rapidi i cambiamenti, rimpicciolendo le distanze geografiche. Quella della velocità è la vera esperienza della modernità, che i mezzi di trasporto hanno attuato solo parzialmente. In realtà, sono stati i media a massificare l'esperienza della velocità: telegrafo, radio e poi, soprattutto, tv.
La Vespa fa parte della collezione permanente del Triennale Design Museum di Milano e del MoMA di New York.
Nella foto, vicino all'ingresso dello stabilimento, è appoggiata una bicicletta, quasi intristita.